L’artista tedesco Joseph Beuys (1921-1986) è uno dei rappresentanti più emblematici delle correnti concettuali nell’arte della seconda metà del Novecento. La sua è un’arte che si muove lungo percorsi del tutto inediti, fondendo in maniera totale la sua esistenza con il suo essere artista. Vi è qualcosa di così radicale nel suo modo di essere, che verrebbe da pensare che egli abbia davvero identificato completamente l’arte con la vita. Si comprende quindi come, per capire l’arte di Beuys, si debba necessariamente partire dalla sua biografia. Durante la seconda guerra mondiale fu pilota dell’aviazione tedesca. Partecipò all’offensiva nazista contro i russi, ma il suo aereo cadde oltre le linee nemiche. Beuys riuscì a salvarsi perché fu trovato, moribondo e semicongelato, da un gruppo di tartari nomadi, che lo curarono avvolgendolo in grasso e pelli di feltro. Riuscito a sopravvivere, finì in un campo di prigionia inglese. Da questa esperienza egli trasse motivi di ispirazione che lo hanno accompagnato lungo tutta la sua attività artistica, attività condotta lungo un misterioso filo di rinascita spirituale per giungere all’armonia finale dell’uomo con se stesso e con la natura. Questo sentimento di ecologismo molto spiritualizzato hanno portato gran parte della critica a definire Beuys lo "sciamano dell’arte". Finita la guerra egli studiò arte all’Accademia di Dusseldorf, e agli inizi degli anni ’60 divenne professore nella stessa accademia, ma ne fu licenziato nel 1972 per aver organizzato uno sciopero. Intanto, negli anni Sessanta divenne uno dei membri più attivi del gruppo "Fluxus", compagine artistica sia americana sia europea, che riunì molteplici artisti accomunati dalla volontà di ricreare non il linguaggio artistico ma il senso dell’arte in relazione alla fruizione sociale della stessa. Per capire lo spirito di fondo di questo gruppo val la pena citare proprio una frase di Beuys, divenuta celebre: "Ogni uomo è un’artista". È un modo per riaffermare il concetto di «arte totale», riportando l’esperienza estetica (ma più che "estetica" l’esperienza va definita di "ricerca di valori e di significati") al vissuto quotidiano da cui nessuno è escluso. L’opera di Beuys, fatta soprattutto di azioni concettuali e di happening, lo resero famoso soprattutto negli Stati Uniti, dove trovò tra l’altro l’amicizia e la stima di Andy Warhol. Il confronto tra i due artisti rimane una chiave importante per comprendere la base ideologica che attraversa l’arte del secondo dopoguerra, e per meglio capire le differenze che in questo periodo intercorrono tra arte americana e arte europea. Mentre la Pop Art statunitense conserva uno spirito ottimistico con alla base le chiavi del successo americano (ricchezza, consumismo, crescita, espansione continua, ecc.) il Concettuale europeo, impersonato soprattutto da Beuys, ha un rapporto più problematico e complesso con la crisi di coscienza che sempre accompagna l’intellettuale europeo. Crisi che deriva dal peso di una tradizione ingombrante, fatta sia di luci sia di ombre, a differenza degli americani che non hanno passato, e quindi nessun errore da dover rimediare. Beuys, già aviere dell’aviazione tedesca combattente dalla parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, è l’espressione più radicale dell’intellettuale europeo che cerca di rinascere da un passato ingombrante. E lo fa con i tratti, appunto, dello sciamanesimo: una sapienza antichissima costruita non sui rapporti di forza tra gli uomini, ma sul rapporto costante e profondo con la natura.Non a caso Beuys fu uno dei fondatori del movimento dei Verdi in Germania, nazione che per prima trovò momenti di coesione politica intorno alle idee ecologiche. E proprio dall’istanza di diffondere la sensibilità ecologica tra la gente nacque una delle sue opere più interessanti: «7000 querce». Con questa operazione, iniziata nel 1982 e protrattasi fin dopo la sua morte, egli ci ha consegnato un qualcosa, che forse è difficile comprendere nel campo dell’arte, ma che sicuramente ha grandissimo fascino nella possibilità che offre di rimeditare il ruolo sociale dell’artista.