Mario Ceroli è uno scultore, nato a Castelfrentano il 17 maggio 1938; vive e lavora a Roma. Iniziò la propria attività come ceramista tra il 1955 e il 1959, dopo essersi formato nello studio di Leoncillo a Roma. Le sue prime ricerche datano a partire dal 1962, a contatto con la galleria La Tartaruga, importante centro del cosiddetto neo-dadaismo romano, dove nel 1964 presentò la sua prima personale. Nel 1960 ottiene a Roma il Premio per la giovane scultura, e nel 1966 è premiato alla Biennale di Venezia. Numerose le esposizioni in Italia e all'estero: tra le più recenti, quelle al Musée des Arts Décoratifs a Parigi, al museo di Karlsruhe e a Parma (1969); al museo di Essen (1970). La sua opera si collega alla "poetica dell'oggetto" di derivazione pop americana (vedi, per questi, i giganteschi oggetti quotidiani, quali il telefono o l'orologio, eseguiti attorno al 1965). L'uso del legno greggio da imballaggio diverrà la sigla più caratterizzante della sua produzione. Tale materiale "povero" e primario lo pone a contatto con ricerche che verranno sviluppate dal gruppo della cosiddetta "Arte Povera", a cui si ricollegano in particolare le opere successive al 1970 eseguite con stracci, paglia, ecc. A partire dal 1965 risalgono le prime sagome di figure umane proiettate e ritagliate sul legno, che resterà il tema più tipico della sua produzione: per lo più inserite in un insieme in cui la ripetizione ossessiva della stessa immagine assume il valore alienante di serialità (es. La scala; La Cina, del 1965). Successivamente l'importanza dello spazio in cui si pongono le figure aumenta, fino a divenire il tema essenziale delle sue ricerche (es. La cassa Sistina del 1966, le ultime grandi sculture-oggetto quali le Piramidi). Si lega a tali ricerche una sua intensa attività scenografica.