Piero Manai (Bologna, 1951 – 1988) Comincia la sua attività alla fine degli anni sessanta, giovanissimo, quando vive un primo periodo di figurazione iperrealista e pop, durante il quale spesso rappresenta gli oggetti del mestiere di pittore: barattoli di colore, matite, carboncini, sperimentando tecniche differenti. Gli evidenti riferimenti sono alcune grandi figure della storia dell'arte quali Cezanne, Bacon, Schiele, Ensor. Negli anni ottanta le tematiche su cui Manai si sofferma cambiano completamente: il linguaggio del corpo, l'eros e la morte, la relazione dell'individuo e il suo alter ego. Nel 1991 presso l'Università di Bologna si tenne un convegno sull'opera di Piero Manai con relazioni di Paolo Fossati e Peter Weiermair. Numerosi gli interventi fra i quali Flavio Caroli, Claudio Cerritelli, Umberto Eco, Roberto Daolio, Marco Meneguzzo, Adriano Baccilieri. Nel 1998 la Galleria Studio G7 presenta la personale curata da Fabio Torre "'L'erba'", un'opera unica pressoché inedita composta da otto elementi su ciascuno dei quali è serigrafato tre volte lo stesso segmento di prato. Nel 2004 la Galleria d’arte moderna di Bologna e Palazzo Saraceni, insieme, propongono la sua prima retrospettiva dall’8 ottobre al 5 dicembre. Due mostre complementari che rendono conto dell’ampiezza e complessità espressiva della sua opera. L'arco temporale si estende da un primo disegno del 1968 fino ai grandi quadri eseguiti nell'ultimo anno di vita. Nel 2010 la Galleria De' Foscherari di Bologna allestisce una mostra fotografica di polaroid, dal significativo titolo "L' insostenibile visione dell'essere". La fotografia, infatti, può considerarsi alla base dell'operare artistico di Manai. Il quale usava il modello più semplice di polaroid, la XX70, e di essa diceva: la uso "perché la polaroid riporta la fotografia alle sue origini. Non avendo negativo, la foto scattata è un pezzo unico, c'è solo quello".